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Le arti belle in Toscana da mezzo secolo XVIII ai dì nostri

254902
Saltini, Guglielmo Enrico 44 occorrenze
  • 1862
  • Le Monnier
  • Firenze
  • critica d'arte
  • UNIFI
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Le arti belle in Toscana da mezzo secolo XVIII ai dì nostri

forestieri. E oggi i nuovi documenti resi di pubblica ragione, e le studiate monografie di quegli artisti e di quelle opere, che abbisognavano di più

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’ufficio che poi sostenne di vice-presidente nell’Accademia fiorentina. Non pertanto ci rimangono di lui alcune opere non indegne di essere commendate, come

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assai correttezza nello stile; tanto che mostrate appena le prime opere giovanili promettitrici, ebbe a vent’anni un pubblico ufficio nello Scrittoio

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il Castinelli di Pisa, e il Bettarini di Portoferraio. Del merito di ciascuno d’essi diremo qui brevemente, per ricordare poi le opere di quei nostri

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opere non senza pregi. — LORENZO SANTI fu pure di Siena (n. 1783, m. 1839); sebbene, compiuti a Roma gli studj, passasse a Venezia, e nominato

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ritrovò le tracce nel 4844 mentre attendeva ad alcuni restauri. Ma non vogliamo tacere di alcune opere singolari che fece come primato architetto. Il

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che fece sul Serchio, e la ricostruzione in città del teatro del Giglio quale oggi si vede, sono opere pregevoli; singolarmente quest’ultima, che ha

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Livorno la vasta Casa Pia di Lavoro, che immaginò e diresse, sono le sue opere principali. Ma entrati in quel luogo per forza d’arme nel maggio del

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dell’Elba lo ebbe carissimo, e benché assai giovane designava affidarli opere importanti nell’isola. Nè l’età provetta smentì la gioventù promettitrice

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Georgofili e un premio dal governo.— GIUSEPPE MARTELLI fiorentino (n. 1791) è fornito di perizia e buon gusto, come addimostrano diverse opere che

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statue dell’Arco di porta a San Gallo, opere del Foggini, del Ticciati, del Masoni e d’altri scultori, che si reputavano allora abilissimi, basta a

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principii falsi e corrotti dei suoi tempi, sebbene contemporaneo del Canova, non la fece avanzare d’un passo. Perchè in tutte le opere sue, i monumenti

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sue opere fatti dallo stesso Canova tanto parco encomiatore. Se la fortuna avesse fatto gareggiare il Ricci con altri artisti di pari valore, forse

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scultura. Dire quali fossero le sue prime opere, i suoi studj artistici, i viaggi che intraprese anche in regioni straniere non è da questo luogo; basti a

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può nè deve scordarsi mai d’essere per sua natura monumentale: a noi rimane accennare quali fossero le opere per le quali venne in cosi chiara

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, e il Farinata degli Uberti per la loggia degli Uffizi (1844), opere tutte del suo scarpello, hanno in generale dei pregi. — ANDREA LEONI di Firenze (n

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opere. Procedendo sempre per ordine di date, si presenta primo — LUIGI GIOVANNOZZI di Firenze (n. 1791), assai valente tra i così detti ornatisti di stile

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alle più importanti opere loro.

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tramandare con le opere ai figliuoli. Chè se questo rimprovero va senza restrizione di sorta ad ogni parte della penisola, molto più grave convien farlo a

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d’Europa posseggono le stupende opere sue, e ricco sopra ogn’altro ne è il nostro, ove la sola Venere decomponibile, basterebbe a farne durevole la

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degno erede dell’arte bellissima del Susini e del padre. Ricordiamo volentieri la più grandiosa delle sue opere eseguita per la Università della

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tempo, a noi basterà ricordare una delle opere sue tenute allora più belle, quella macchinosa cupola della basilica di San Lorenzo, certi dell’aver

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A Siena APOLLONIO NASINI, ultimo di questa famiglia di pittori (n. 1689, m. 1768), aiutò nelle opere Giuseppe suo padre e lo zio Antonio. Ma se bene

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Arti. Ma oltre la fama che gli venne dalle opere numerose, meritò onorato ricordo, per aver trovato una certa terra verde mare, da cui si cava quel

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esagerato del francese Giacomo Luigi David, allontanò per allora la pittura da una maggior perfezione: ma nemmeno può negarsi che queste opere del

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Molte e tutte lodate furono le opere che lasciò questo pittore; eccone le principali. La parabola del Samaritano, che per la bontà delle tinte parve

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dipinto per la chiesa di San Paolo a Napoli. Ma una delle opere che più fece onore al Nenci sono i soggetti che disegnò maestrevolmente sulla Divina

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. E il progresso ha da considerarsi in lui tanto maggiore, quanta più verità e studio della natura traspare nelle sue opere. Oggi una lodevole scuola

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amori d’Angelica e Medoro, opere che menarono assai grido in Firenze. Fu allora che il Benvenuti lo chiamò ad insegnare nell’Accademia, ove poi successe

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altro nei freschi. E sebbene oggi le opere che fece non sieno in fama come ai tempi della sua giovinezza, non possono negarglisi pregi nella

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per opera del fratello Giuseppe, e questo Aiace, gioiello della regia Galleria moderna, sono le opere più stimate del nostro Francesco; quest’ultima in

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alla Scienza. Nè vuol tacersi, per mostrare che attese anche alle opere decorative, di quel sipario per il teatro della Piazza Vecchia, ove è Dante che

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benché sia un composto di calce, anch’oggi dura saldissima. Vero è che ambedue queste opere non sono fattura di toscani, dovendosi la prima all

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progressi. E se fino allora, con poche eccezioni, tutte le opere si riducevano ad ornati e fiorami di specie diversa, da indi innanzi si pose mano a

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bulino degno di ricordanza onorata. Vero è che le opere sue e dei suoi contemporanei, in mezzo a molti pregi, risentono di una certa tal quale asprezza

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vita nelle opere dell’arte, che in numero straordinario e sempre lodevoli gli uscirono dalle mani. Tra i suoi migliori intagli di genere finito vuol

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migliori sue opere d’intaglio si annoverano gli affreschi celebri del mentovato Camposanto, per lui ridotto all’antica bellezza, pubblicati da MolinieLandi

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, divenne artista piuttosto unico che raro. Le prime sue opere furono la Poesia e la Teologia, cavate da due tondi dipinti nel Vaticano dall’Urbinate, per

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fatto a Roma per istudio, ebbe in patria l’ufficio di suo padre. Ricorderemo in breve le opere sue principali, come la cappella della Vergine nel

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febbraio 1839) artista e uomo di lettere, che raccolse e dette in luce il Catalogo illustrativo delle opere d’intaglio del suo maestro, e anche ne incise

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del Sanzio, e il ritratto di Carlo V, che è da noverarsi colle opere sue migliori. In procedere di tempo venuto a Firenze, fece per Luigi Bardi

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ragione, il ritratto di Dante da Giotto, e la così detta Madonna del Granduca da Raffaello, opere che non dubitiamo punto asserire egregie e

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del Cardellino e l’altra la Bella Giardiniera, opere insigni di Raffaello, furono da lui incise maestrevolmente a genere finito, e la prima in ispecial

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messi da banda gli ornati soverchi e le ridicole fogge, allora in voga, ricondusse nelle opere le buone, belle e pure linee del cinquecento, e presto

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